Mercoledì 14 gennaio, presso l’auditorium dell’Istituto Agrario di Larino, è stato tenuto a battesimo “molicaseus”, il nuovo percorso formativo della “Scuola del Gusto”, alla presenza dei tanti iscritti, cui si sono aggiunti diversi uditori, che con attenzione e interesse hanno seguito la prima lezione che, come da prassi consolidata, ha riguardato gli aspetti storico-culturali della filiera che si va a sviluppare. Relatori della giornata, l’archeologa Alessandra Capocefalo, esperta, animatrice e fine intenditrice, pur al cospetto della sua giovane età, della storia archeologica del Molise, oltre che ricercatrice dell’alimentazione antica riproposta con i suoi “archeoaperitivi”, e da Luigi Perrella, amministratore delegato del caseificio Barone di Bojano, ed esperto di storia casearia del Molise. Un mix di esperienze e ricerche storiche, archeologia, antropologia e tratti culturali che hanno ricostruito l’evoluzione della civiltà del latte, dalla sua origine fino ai giorni nostri, con particolare riferimento al Molise e alla sua straordinaria storia legata ai tratturi e alla transumanza.
I relatori, Luigi Perrella e Alessandra Capocefalo
Un momento della lezione
Dove e come nasce la civiltà del latte? Difficile trovare una connotazione temporale ben precisa, ma, la teoria degli immondezzai, secondo Alessandra Capocefalo, per comprendere la nascita dell’agricoltura, sembra dare delle indicazioni importanti, poiché da questi accumuli preistorici nascono piante e proto coltivazioni, che attraggono erbivori e poi carnivori. L’allevamento nasce in zone, quindi, dove la crescita di graminacee e cereali (Farro) accomuna uomo e animali, e può essere stimata, secondo questi studi, a circa 12.000 anni fa, collocabile nella zona della “mezza luna fertile”, tra Egitto, Palestina e Mesopotamia, ma soprattutto in Turchia. Il surplus alimentare di queste aree comportò la crescita della popolazione e, quindi, la necessità di migrare per sfruttare altre aree (stimata in circa 1 km l’anno), che determinarono la diffusione dell’allevamento e dell’agricoltura verso occidente. Questo fenomeno, noto come transizione neolitica, portò l’allevamento in Europa solo 6-7.000 anni fa.
Le origini dell’allevamento e della civiltà del latte
E la caseificazione? Da recenti studi, la pratica sembra essere strettamente correlata con la caratteristica dell’uomo di non digerire il latte crudo, e quindi della sua intolleranza al lattosio innata, che compare subito dopo lo svezzamento per la scomparsa dell’enzima lattasi che ne scinde la molecola. Questo meccanismo, secondo uno studio condotto da ricercatori dell’University College London, è rimasto inalterato fino a 7.500 anni fa quando, per la prima volta, alcune comunità di allevatori dell’Europa Centrale hanno sviluppato la capacità di digerire il lattosio, attraverso una mutazione genica. Dato che il consumo di latte da adulti non era possibile prima della domesticazione degli animali, è verosimile che la persistenza della lattasi si sia evoluta con la pratica culturale della produzione di latticini. L’uomo produceva il formaggio perché non digeriva il latte.
Takarcori, nelle montagne del Tadrat Acacus, in Libia
Anche la chiave di lettura offerta da Luigi Perrella, secondo cui un’ipotesi plausibile è stata quella del trasporto di latte in un contenitore che, dopo il caldo e il viaggio, ha restituito tutt’altro, ha una sua validità. Il latte prodotto in sovrabbondanza, e quindi non consumabile nell’immediato, era utilizzato per la trasformazione in formaggi per conservarne il potere nutritivo. Nella caseificazione, infatti, si perde circa il 90% del peso (siero, utilizzato invece per l’alimentazione degli animali) e ciò agevola anche il trasporto del prodotto, giacché si trattava di popoli nomadi, oltre che ne concentra il potere nutritivo. Lo spostamento di quest’alimento nello spazio e nel tempo ha consentito lo spostamento anche delle capacità culturali delle diverse tribù e nella loro capacità di trasformazione del latte. Questa cultura e queste pratiche, nella loro evoluzione, hanno avuto il massimo sviluppo ed espressione in Italia, che oggi può contare il 50% del patrimonio culturale sul formaggio nel mondo.
E la storia casearia del Molise? La prima citazione di una “mozza” risale al 9-10° secolo dopo Cristo, a San Lorenzo di Capua, prodotta dai monaci Benedettini. Questi provenivano da San Vincenzo al Volturno, fuggiti dalla grande Abbazia per opera dei Saraceni. I primi a produrre pasta filata, quindi, sono stati i molisani alle sorgenti del Volturno, anche in base a reperti storici rinvenuti proprio negli scavi di San Vincenzo al Volturno, che rappresentano il sito più importante della storia del territorio molisano dopo Sepino. La temperatura di filatura, poi, aveva anche un affetto “battericida” sulla microflora del latte, migliorandone anche la conservazione. Anche i tratturi prima, le uniche strade che movimentavano armenti, culture e civiltà, fin dai Sanniti e poi con i Romani, e la pratica della transumanza poi, attraverso lo spostamento guidato tra pascoli invernali e pascoli estivi, vedono il Molise al centro di un importante traffico e, di conseguenza, ne rafforzano il suo ruolo cardine nella nascita e nella crescita della produzione delle paste filate. Un “molicaseus” a tutti gli effetti.
Scuola del Gusto
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