Confermate le previsioni che avevano preannunciato un calo del 25-30 per cento nella produzione rispetto al 2013. L’esperto Sebastiano Di Maria, corrispondente della testata “Il Corriere vinicolo”, traccia un quadro complessivo del settore vitivinicolo molisano, parlando anche delle prospettive future. «Purtroppo le condizioni meteo si sono mostrate non proprio favorevoli anche durante il periodo estivo, quando erano necessarie giornate assolate, invece di pioggia e basse temperature», commenta l’esperto nell’intervista. 

di Alessandro Corroppoli 
La mano lunga della crisi si è spinta sino a toccare anche uno dei settori che meglio di altri aveva ammortizzato i colpi della depressione economica e sociale, l’agricoltura. Le previsioni pre-vendemmiali, fatte a cavallo tra agosto e settembre, preannunciavano la possibilità di un calo di quantità di uva prodotta pari a circa il 15 per cento, su scala nazionale, rispetto all’annata precedente. E del 25-30 per cento su scala regionale. Previsioni, purtroppo, confermate da Sebastiano Di Maria, corrispondente per il Molise e l’Abruzzo, de “Il Corriere Vinicolo”, storica testata di settore. L’esperto traccia un quadro complessivo sull’annata sia sotto il profilo quantitativo che qualitativo, senza dimenticare le prospettive future di un settore, come quello vitivinicolo, in forte espansione. 
Grappoli di Tintilia
Le previsioni di una produzione ridotta in termini percentuali, lette da più parti, sono state rispettate o smentite?
«Come già evidenziato, le previsioni erano tutt’altro che positive. Le stime parlavano di un calo intorno al 15 per cento. In realtà, mentre si stanno raccogliendo gli ultimi grappoli di uva, si può tranquillamente dire che sono state anche fin troppo ottimistiche: in alcune zone ci si è avvicinati anche a punte del 25-30 per cento. Questo vale anche per il Molise: dopo un’attenta analisi tra i maggiori produttori regionali, il dato da me riportato sul Corriere Vinicolo è pressoché confermato». 
Quali sono state le cause di questo calo vistoso e quali ripercussioni avrà, per l’Italia, sul mercato internazionale?
«Sicuramente le condizioni meteorologiche non favorevoli durante le fasi di fioritura e allegagione hanno portato a questi risultati. Secondo le stime di Assoenologi si dovrebbero produrre 42 milioni di ettolitri di vino, ai livelli della Spagna, ma ben al di sotto dell’exploit dello scorso anno pari a 47 milioni di ettolitri. Numeri, invece, ad appannaggio dei transalpini, che porterebbero la Francia, dopo due annate difficili, a primeggiare a livello mondiale».
Oltre a un calo evidente della produzione, era stata preventiva anche una sostanziale difficoltà nel garantire una buona qualità delle uve, imputabile a diversi fattori, e quindi un’annata non proprio da ricordare per il vino. Come giudica quest’aspetto?
«Purtroppo le condizioni meteo si sono mostrate non proprio favorevoli anche durante il periodo estivo, quando erano necessarie giornate assolate, invece di pioggia e basse temperature. A questo si sono aggiunte fitopatie come oidio e peronospora, come conseguenza del decorso stagionale, molto aggressive e difficili da controllare. Solo in alcune regioni, in particolare nel centro sud, le favorevoli condizioni meteo di settembre, con giornate assolate e calde, hanno ridato il sorriso a molti viticoltori». 
Grappoli di Montepulciano 
Per il Molise, oltre ad un calo vistoso, come reputa la qualità del vino?
«L’annata è da considerarsi tra le più difficili degli ultimi anni però, in compenso, la qualità del vino è molto buona. Il clima soleggiato del mese di settembre ha favorito una maturazione ottimale delle uve, mi riferisco alle uve a maturazione tardiva. Fatto questo che ha permesso di produrre un ottimo prodotto, di qualità, facendo recuperare parte del terreno perso in precedenza. Ovviamente, come in tutte le annate non facili, ci sarà un’ampia variabilità legata alle posizioni dei vigneti, alle cure di coltivazione e alla selezione del prodotto». 
Quali sono le uve maggiormente prodotte in Regione?
«Senza dubbio la varietà Montepulciano, per le uve rosse, e i Trebbiani, per le uve bianche che sono anche le più coltivate. Poi ci sono altri vitigni italiani come Sangiovese, Falanghina e Aglianico, oppure internazionali come Chardonnay, Cabernet e Pinot Grigio, che forse molti non sanno essere il vino italiano più bevuto al mondo, il cui mosto è particolarmente appetibile per le grandi cantine e gruppi imprenditoriali del nord. Molto più lontano la Tintilia, l’autoctono simbolo dell’enologia regionale, ancora una nicchia, che deve crescere assolutamente».
Più volte ha “denunciato” un immobilismo da parte delle istituzioni nella promozione dell’enologia molisana. Mi riferisco a un Consorzio di Tutela che, di fatto, esiste solo sulla carta, oppure alla difficoltà di fare squadra in senso generale. E’ cambiato qualcosa e come ritiene si possa migliorare in tal senso? 
«Purtroppo, bisogna costatare che, pur con una crescente consapevolezza nella qualità dei vini che si possono ottenere da un territorio come quello molisano, non vi è un’altrettanta lungimiranza nell’aspetto promozionale. Ancora una volta il Molise non utilizza i fondi dell’Ocm vino, ma non è una novità, per la promozione nei paesi terzi, soprattutto per mancanza di strategia e condivisione. Al Vinitaly, un numero di produttori sempre crescente preferisce stand propri a quello istituzionale della Camera di Commercio perché meglio rappresenta le singole aziende agli occhi degli operatori di mercato, come un vestito costruito su misura. Sarebbe ora che lo stand fosse ripensato in tal senso, come singoli spazi riservati, come accade per tutte le altre regioni, magari per poter accogliere tutti i produttori della Regione».
Spazio espositivo del Molise al Vinitaly
In sostanza sta dicendo che ogni azienda provvede di suo all’approccio con il mercato, mentre ci sono risorse inutilizzate che agevolerebbero il compito, anche in ottica sinergica, poiché poi i numeri sono sempre piccoli se confrontati con altre realtà produttive… 
«Esatto, non dimentichiamo che siamo appena l’1 per cento della produzione nazionale, a voler essere ottimisti. Quindi, a chi potrebbero interessare i nostri vini, soprattutto in un mercato globale? Invece, un brand unico o una strategia comune darebbe una visibilità maggiore che gioverebbe a tutto il mondo produttivo molisano. Non dimentichiamoci che molte uve e/o vini sono meta di cantine e/o imbottigliatori di fuori regione». 
La Tintilia sarebbe l’ambasciatrice della nostra produzione, quali altri vini potrebbero affiancarsi come espressione territoriale?
«Sicuramente, è veicolo perfetto per gli altri vini molisani: basti pensare che bottiglie di Tintilia erano presenti all’Expo londinese del 1862. Però, non vanno dimenticati il Cabernet sauvignon, Aglianico e Falanghina, che sempre più spesso vengono premiati, riconoscimento verso un territorio vocato e un’attenzione e cura crescente. Bisognerà avere pazienza e perseveranza».
Per terminare, ha accennato all’Expo. Quello di Milano, nel 2015, potrà essere una vetrina importante anche per il Molise del vino?
«Ho avuto modo di parlare con qualche produttore molisano che vi parteciperà con costi importanti. Sinceramente, al netto di organizzazione, logistica e quant’altro, non credo che sia una vetrina giusta o che possa portare vantaggi di sorta. Ci sarà un’etichetta in esposizione, a mo’ di quadro, con la possibilità di degustare, ma il produttore dove sarà? E il territorio, con la sua storia e la sua cultura, che ne sono espressione?». 
Intervista pubblicata su Primonumero il giorno 26 ottobre 2014