“Tintilia
e prodotti tipici”, è questo lo slogan della manifestazione tenutasi a San
Felice del Molise, domenica 23 settembre, organizzata dall’Associazione
culturale comunità Croata del Molise “Luigi Zara”. Tra assaggi, degustazioni
guidate e palio delle botti si è parlato anche di Tintilia, sia come vino sia
come chiave per la valorizzazione del territorio, tra esperti del settore e una
folta rappresentanza istituzionale, tra cui l’Assessore all’agricoltura della
Regione Molise, Angiolina Fusco Perrella, e l’On. Sabrina De Camillis,
componente degli organi parlamentari in commissione agricoltura della camera.
L’obiettivo della manifestazione è stato, secondo gli organizzatori, lo
“sviluppo di un’area mettendo in campo tutte le sue risorse, in particolar modo
quelle umane”, come consapevolezza delle proprie peculiarità e ricchezze.
Veduta del Comune di San Felice del Molise

Seppur
febbricitante, come avevo promesso, ho seguito parte della manifestazione, in
particolar modo l’incontro tra addetti al settore, tecnici e classe politica,
cercando di scorgere spunti e proposte interessanti che, dopo la bufera dei
giorni scorsi sulla crisi del settore vitivinicolo regionale e della Tintilia,
potessero dare una scossa di prospettiva. Ci sarà stata? Leggete le prossime
righe e giudicate con serenità.
Dopo i
convenevoli di rito, prende la parola Pierluigi Cocchini, agronomo ARSIAM,
profondo conoscitore del mondo agricolo e vitivinicolo regionale e tra i
principali fautori della rinascita della Tintilia. Si è trattato di un
approccio tecnico e pragmatico, snocciolando pregi e difetti di un vitigno che,
tra passato e presente, può essere la chiave di volta di un territorio e delle
sue peculiarità. Dopo una brevissima cronistoria sulle origini e la riscoperta
del vitigno, elogiando Claudio Cipressi come pioniere nella coltivazione e
vinificazione in purezza, tra l’altro soggetto promotore del convegno, passa
alla descrizione del vitigno e della relativa uva, facendo notare alcune
particolarità che la rendono adatta alla coltivazione e vinificazione. Innanzitutto
la rusticità acquisita in 300-350 anni di coltivazione nell’areale
molisano, che la rende resistente alle crittogame, oltre che a un grappolo
spargolo, con acini piccoli e un buon rapporto buccia/polpa
“,
caratteristica fondamentale per vini di qualità. “La produzione molto
bassa, che in annate normali si aggira intorno ai 35-40 q.li, è di fatto
“,
secondo Cocchini, “il suo tallone di Achille. Se in passato l’ha
portata alla quasi estinzione, perché poco adatta a una viticoltura votata alla
quantità, nel presente costringe i produttori a prezzi particolarmente
sostenuti, vicini a vini d’indiscusso valore e immagine. Con un prodotto di
qualità, tenendo conto dell’anonimato enologico in cui versa il territorio
regionale, l’unica soluzione è
“, sempre secondo Cocchini, “un
consorzio di tutela per il vitigno che dia una forte connotazione e
condivisione territoriale, cercando la fortuna in mercati esteri
“. Il
Prof. Massimo Iorizzo, docente di microbiologia enologica all’Università del
Molise, invece, punta l’attenzione sulle biotecnologie e sulla possibilità di
poter “selezionare lieviti autoctoni che conferiscano caratteristiche
di unicità alla produzione enologica
“. Sempre secondo il ricercatore,
importante è “la promozione del territorio prima del prodotto“,
portando l’esempio del Taurasi e della lungimiranza delle amministrazioni
locali che “hanno prima costruito un’immagine forte del territorio per
poi pensare alla qualità del prodotto
“.


 

Un momento dell’incontro
 
Dopo la parte tecnica, ecco l’intervento delle istituzioni che, in
qualche caso, hanno portato non poco imbarazzo tra i convenuti. Momenti di
frizione ci sono stati, infatti, quando Alberto Tramontano, assessore
provinciale al turismo, cercando di tracciare le linee guida per “legare
le produzioni di qualità al territorio, e in particolar modo alle minoranze
linguistiche, attraverso eventi e manifestazioni
“, denuncia
un’impossibilità a operare in tal proposito per la mancanza di risorse finanziarie.
Non senza disappunto, l’assessore Fusco Perrella incassa il colpo, e
immediatamente dopo, sempre per bocca dello stesso Tramontano, parte un’altra
stoccata, “è impensabile che con solo 300.000 €, la disponibilità di
quest’anno, si possa fare una promozione seria
” e continuando, più
nei panni del consumatore questa volta, mette il dito nella piaga di una “lontananza
delle istituzioni dalla tintilia
” e da un “prezzo troppo
elevato del prodotto al consumo
“. L’assessore provinciale alle
attività produttive e allo sviluppo locale, Rita Lisia Colaci, intervenuta immediatamente
dopo, pone l’accento, invece, sulla “necessità di fare un’opera
promozionale comune utilizzando anche altre manifestazioni del territorio, come
il Girolio che si terrà il 15 dicembre a Larino
“, e denuncia,
anch’essa nei panni del consumatore, “l’assenza di una carta dei vini
molisani in molti ristoranti della regione, fatto molto grave
“. L’On.
Sabrina De Camillis, dopo un lungo discorso sulla razionalizzazione delle
risorse energetiche regionali, chiosa affermando che “bisogna creare
un marchio forte regionale, legando produzione e territorio, con una rete che
permetta di accedere ai mercati attraverso istituzioni stabili e forti
“.
Le conclusioni toccano all’Assessore regionale all’agricoltura,
Angiliona Fusco Perrella, che sentenzia in maniera decisa “la
necessità di porre fine a un’epoca di autoreferenzialismo e campanilismo
“,
ponendo l’accento sugli investimenti fatti tramite i PSR, con “oltre
trecento nuovi insediamenti e di come dall’agricoltura e dai giovani bisogna
ripartire dopo periodi di crisi e di guerre”
, citando un suo avo.
Non possiamo più sbagliare“, continua la Perrella, “è
il momento di scelte importanti per la regione, come la prossima PAC, data la grossa
quantità di risorse a disposizione e dopo la quale dobbiamo essere in grado di
camminare da soli
“.
L’incontro si chiude con una degustazione guidata da un sommelier AIS,
che illustra alla platea le tecniche di base per una corretta valutazione del vino.
 
 
 
Considerazioni personali. Purtroppo ho dovuto costatare,
ma come avevo già ampiamente immaginato, l’organizzazione di un evento fine a
se stesso, ossia su misura per la realtà territoriale in questione e
completamente slegato dalla realtà produttiva regionale, come c’è ne sono
diversi in giro. La dimostrazione di questo scollamento, figlio di un’autoreferenzialismo, come
l’ha definito giustamente l’assessore Fusco Perrella, è dovuto alla
contemporaneità dell’evento con la fase finale del campionato nazionale dei
sommelier AISP che si è svolto a Termoli a margine della manifestazione
“Divinolio”, oltre che ad un’organizzazione affrettata e poco
pubblicizzata all’esterno. Con tutto il rispetto per San Felice del Molise,
borgo straordinario, com’è straordinario il suo territorio e il legame che il
popolo di origine croata ha con lo stesso, queste iniziative portano a uno
smembramento di una realtà regionale che ha già difficoltà oggettive di numeri e
di visibilità. Non si può pensare di creare un marchio d’area del Trigno, come
sostenuto da un sindaco di un comune limitrofo, prontamente redarguito dagli
amministratori convenuti, come non è concepibile pensare di fare sviluppo di un
territorio intero senza una programmazione seria che metta a disposizione
risorse e competenze. Altro dato su cui discutere è, come l’ha definita
Pierluigi Cocchini, la necessità di trovare, in un momento di calo delle
vendite in Italia, canali che permettano di conquistare i mercati esteri.
Considerazione fuori da ogni logica, anche se dette da un professionista serio e preparato, se pensiamo che non siamo in grado di
vendere il nostro prodotto nella nostra realtà, come testimoniato dagli illustri
convenuti, per motivi di costo elevato e poca visibilità nel settore
ristorativo, e di una mancanza di cultura del vino nell’intero tessuto
regionale. Lo stesso Cocchini, di origini abruzzesi, aveva in precedenza
affermato che nei ristoranti di Pescara e della regione, non ci si siede a
tavola e si consuma senza una bottiglia di Montepulciano d’Abruzzo, proprio
quello che manca a noi e, sinceramente, mi sono stufato di ripeterlo. Una
maggiore consapevolezza delle proprie produzioni di qualità e una maggiore
visibilità, già in ambito ristorativo, permetterebbero, a fronte di un maggior
consumo, di abbattere i prezzi di un vino che, per diversi motivi prima
accennati, rischia di essere un prodotto di nicchia o da gourmet, come
definì tempo fa un produttore regionale, parlando in termini generali dei suoi prodotti enologici, preoccupandosi di auto referenziarsi come “marca”. Questi sono solo alcuni
dei dati oggettivi che portano “la nostra realtà enologica a contare
zero
“, testuali parole di Cocchini, “in ambito nazionale“,
definizione che mi sento di sposare in pieno, purtroppo. E’ questa l’occasione,
visto anche la rimodulazione a breve dei fondi comunitari come dichiarato
dall’Assessore Perrella, di serrare le fila e di mettersi intorno ad un tavolo
per decidere se dare nuovo slancio a questa regione attraverso la Tintilia e
alle altre produzioni di qualità, o rischiare di restare schiacciati da
un’invasione selvaggia di impianti per energie pulite, di cui abbiamo già dato tanto in termini di
fotovoltaico ed eolico, o di perforazioni selvagge che, scusate il sottile
parallelismo poco ortodosso, fanno male in tutti i sensi.
 
Sebastiano Di Maria